Nella società moderna, che ha tra i valori principali l'apparenza, il "come vestirsi?" è una domanda che ci poniamo spessissimo, se non quotidianamente.
Ogni volta che compriamo un capo d'abbigliamento, scegliamo rigorosamente in base al marchio; la comodità, la qualità, il tessuto, l'utilità di un vestito oramai non importa quasi più a nessuno.
Ma quanto questi abiti sono consoni al nostro corpo e alla vita sul nostro pianeta? In realtà, ben poco...
Lo dimostra l'ultima denuncia che arriva da Greenpeace; non è la prima volta che la notissima organizzazione ambientalista accusa le grandi firme del mondo della moda o le grandi catene di abbigliamento per i loro comportamenti non proprio corretti...
Si è infatti dimostrato come molti vestiti definiti "in" dall'opinione pubblica siano in realtà nocivi, sia per le persone che per l'ambiente.
Infatti alcuni di essi contengono sostanze chimiche che possono alterare o danneggiare il sistema ormonale, mentre altri possono rilasciare nell'ambiente componenti cancerogeni.
A tutto questo, che già di per se può essere sconvolgente, si aggiunge il modo di produzione, che inquina gravemente diversi corsi d'acqua, e provocando di conseguenza morte e malattie a molte specie viventi. Gli stessi danni possono essere arrecati durante il lavaggio domestico di tali indumenti.
Lo studio di Greenpeace è stato effettuato su circa 140 capi di abbigliamento delle 20 marche più importanti in Europa, e si è dimostrato che 2/3 dei vestiti in questione contenevano sostanze pericolose.
Tra le marche incriminate ci sono Zara, Diesel, Armani, H&M, Armani, Levi e Calvin Klein...tutti nomi prestigiosi, firme importanti e di consumo.
Penso che almeno in teoria un marchio, tanto più uno rinomato, debba non solo produrre con modalità rispettose della Natura, ma debba anche assicurare una certa qualità nei prodotti destinati alla vendita.
In questi casi tutto ciò è mancato, e lo ritengo vergognoso. Alcune marche hanno già accettato le condizioni di Greenpeace di mettersi in regola e rispettare l'ambiente e i consumatori.
Ciò è avvenuto grazie al grandissimo seguito che può vantare Greenpeace; in altre parole, sono stati i clienti stessi delle ditte a cambiarne il modo di produzione.
Ora Greenpeace ha indetto una raccolta firme per portare a questa decisione anche Zara.
Io ho già firmato, e tu da che parte stai?
Se ti è piaciuto, leggi anche Mare nero oppure Decrescita, stop al consumismo.
Proponiamo una nuova corrente filosofica che dice di farsi del male per essere "IN"
RispondiEliminaSe intendiamo come autolesionismo restare stolti, diciamo che già molta gente si sta facendo del male ;)
Elimina